venerdì 21 ottobre 2016

LETTERE DALLA PALESTRA
I ragazzi dell'Antifa Boxe si raccontano (ancora)
 

Sono sempre stata vicina al centro e ho sempre guardato (anche prima di entrarvi a far parte) alla palestra come un singolare laboratorio al suo interno. Abbiamo parlato molto di cosa una palestra popolare antifascista debba porsi come obiettivi sensibili, ma credo che più di ogni speculazione sia sempre valsa l’esperienza del luogo, delle persone che negli anni l’hanno animata.

La mia personale vicinanza alla palestra nasce in un momento di feroce tristezza, ed è successivo ad un’aggressione in un parco di questa Torino avvelenata (finita nel nulla, ma paralizzante li per li, odiosa), subito dopo la  quale ho preferito lavorare su un qualche tipo di reattività (che può aiutare a salvare la pelle in alcuni casi).
L’amore per queste fatiche estreme invece arriva da una persona che mi è stata sempre vicina, anche se la boxe l’ho saputa apprezzare solo allenandomi e imparando a riconoscere le qualità di un incontro, guardando gli incontri che trasmettevano alle 5 del mattino, seduta  con gli altri all’Aska su divani sfondati, tra commenti e risate.
L’Antifaboxe per me era un racconto, lungo anni e anni, erano le parole di Andrea sullo sguardo che si raffina, sull’occhio che impara a vedere, sul colpo che innanzitutto si impara a prendere, sull’esplosività,  era l’idea di “lasciare correre” e lavorare sulle reazioni, di non boxare con ferocia, che bisogna essere lucidi per capire come affrontare un avversario. Era che l’avversario è  innanzitutto (e auspicabilmente) un compagno e non un rivale. Erano gli incontri clandestini una volta all’anno. Che ogni ripresa ha la sua storia, che ogni pugno ha la sua storia. Che la tua storia determina in larga misura il modo in cui combatti. È la riflessione su ogni relazione, ripulita da qualsiasi aspettativa sugli  altri, sempre imprevedibili, e il lavoro denso su di sé e la propria aggressività. Ognuno ha motivi più o meno espliciti di viverla, io ho sempre sofferto molto la violenza subita, in famiglie severe come nella vita in genere,  e non ero mai riuscita a prendermi cura dell’aggressività e della violenza e dell’ira (così come dell’eccessiva difesa), né a vederle  come delle risorse da imparare a gestire, non avevo mai conosciuto a fondo i meccanismi delle mie paure, allacciate alle azioni degli altri. Un incontro può essere molto istruttivo in tal senso.
 Di fatica ne ho spesa qui  dentro. Ho superato distrazioni inutili trovando casa in questa  palestra, ridendo anche se giù di morale. Frequentare l’Antifaboxe è stato il  modo migliore che ho avuto per imparare a conoscere le forze che ho e posso avere (e per riprendere i dieci chili persi anni fa e apparentemente irrecuperabili).
Auguro a tutti la possibilità di confrontarsi poi con dei compagni splendidi che si prestano al gioco, in palestra e fuori. Alcuni non li vorrei mai perdere di vista, convinta che mi abbiano resa migliore in alcune occasioni (politicamente, umanamente), convinta di aver potuto dare qualcosa di utile in alcuni momenti anche a loro.
Spero che questa palestra viva a lungo e che sappia reinventarsi come spazio libero.
Un augurio all’Antifa boxe per i suoi 15 anni di vita (e sopravvivenza).
Sempre su lo sguardo.
Laura


Per quanto critiche possano essere la situazione
e le circostanze in cui vi trovate, non disperate;
è proprio nelle occasioni in cui c’è tutto da temere che
non bisogna temere niente; è quando siamo circondati
da pericoli di ogni tipo che non bisogna averne paura;
è quando siamo senza risorse che dobbiamo contare su tutte; è quando siamo sorpresi che dobbiamo sorprendere il nemico.
(Sun Tzu, L’arte della guerra)


Amo da sempre il pugilato. Ho iniziato ad amarlo da piccolo … Lo guardavo alla televisione, insieme a mio padre … pesi massimi … Era il periodo in cui Tyson spaccava i culi. Anni ’80. Non capivo la profondità e la bellezza di questo sport, lo guardavo con gli occhi di un bambino, ma mi affascinava… Da ragazzino son finito poi a fare altri sport, fino a sedici anni più o meno. Poi più niente. La vita non sempre viaggia in linea retta. Ti incammini pensando di andare in una certa direzione e ti ritrovi da tutt’altra parte, ci si incasina, tutto si aggroviglia, e prima o poi ti devi fermare per cercare di trovare il modo di sbrogliare la matassa. Sono arrivato così all’Antifaboxe… col desiderio di riprendere in mano quel filo e scioglierne un po’ a volta i nodi. Il pugilato è stato un buon punto di partenza, e poi in fondo mi era sempre rimasto in testa da quegli incontri visti alla televisione, quando ero gagno… avevo sempre desiderato farlo… e alla fine dei conti è stata la scelta migliore che potessi fare.
Col pugilato non ti puoi nascondere, non ti puoi raccontare cazzate, tiri fuori quello che sei… è una forma di espressione di sé, non ci sono maschere e non c’è finzione. Ognuno col tempo sviluppa il proprio modo di combattere… certo: le scuole, gli stili, i maestri che ti correggono, ma alla fine la tua personalità viene fuori… e finisce che magari scopri aspetti di te che neanche pensavi di avere, o che non volevi vedere… non c’è finzione, ripeto, niente cazzate… Il pugilato è sacrificio, è autodisciplina, è dedizione. Dietro quei 3 fottuti round ci sono mesi di preparazione, di occhi gonfi, nasi rotti, esaltazione e paura di non farcela. Non e ne rendi conto finchè non ci sei dentro, e una volta che ci sei dentro devi dare davvero tutto, il risultato non conta un cazzo, l’unica cosa che conta è sapere di aver fatto tutto quel che si poteva fare, e alla fine giocarsela, ognuno con gli strumenti e le possibilità che gli sono proprie… Ma tutto questo in fondo non ha poi così tanta importanza, sono mie riflessioni, è il mio modo di vivermela, per qualcuno sarà sicuramente diverso… Quel che è davvero importante è il concetto di “palestra popolare autogestita”. Quel che è importante è che esista un gruppo di persone che collabora alla creazione di uno spazio in cui le logiche del profitto, della sopraffazione e della competizione non abbiano luogo, e confido nello sforzo di tutti affinchè questo progetto si rafforzi e continui a perdurare ancora per molti anni.
Federico Nice


Torino 2010 , balza alla mia attenzione un articoletto, "all'interno del centro sociale Askatasuna avviene un reclutamento di militanti, allenati al combattimento e mandati alle manifestazioni a picchiare la polizia". "Accipicchia!" pensai. Era naturalmente un giornalino di ignoranti, scritto da una mano ignorante e destinato a gente che vuole ignorare.
Noi però non lo ignorammo, così con un paio di amici e colleghi decidemmo di provare a raccogliere testimonianze e immagini per capire che tipo di realtà fosse.
Andammo all'Askatasuna e suonammo il campanello. Un guantone venne fatto cadere giù da una finestra: legate c'erano le chiavi per entrare. Quello è stato il mio primo incontro con l'Antifaboxe, una palestra popolare e autogestita.
Dopo qualche intervista e qualche ripresa mi ritrovai senza neanche accorgermene con fasce ai polsi, sudato, a saltare una corda.
Da allora tante cose sono capitate. 
Dai lunghi e faticosi allenamenti per poter arrivare a combattere sul ring (cosa che per tre anni ho provato a fare ma sempre il mio peso mancava, mai 'na gioia). Alle manifestazioni e le lunghe passeggiate in valle a raccogliere cs da ridonare a quei poveri individui tutti corazzati e segregati dietro le loro reti desiderosi di uscire quanto noi desiderosi di entrare.
Per arrivare alle cene ed iniziative di auto-finanziamento e le serate dentro e fuori l'Aska. 
Insomma tanta roba è capitata: antifascismo, sport e amici, con qualche cazzotto e un po' di birra... quale connubio migliore?
Tanti auguri Antifaboxe, sempre sù lo sguardo.
Fra
 
Difficile descrivere in poche righe cosa sia e non sia la palestra Antifaboxe.
Difficile perché, nonostante il piccolo spazio in cui ci sia allena, è tanta e piena.
Di emozioni e sensazioni.
Altalenanti, svariate, sempre in quilibrio instabile.

 E come dice la canzone degli ormai passatissimi Stadio: “…Colleziono illusioni”.
Illusioni che però qui assumono forma di realtà, coesione, partecipazione, scambio, crescita, messa in discussione e gioco.

Di corpi e menti, di vissuti, backgroud e percorsi diversi.
E mentre i corpi interagiscono, s’affaticano, lavorano e poi godono dei risultati ottenuti- fosse anche solo di una maggior consapevolezza di sé (e dici mica poco!)- le storie personali si intrecciano. Oppure no.
Pechè il bello sta proprio in questo.

L’Antifaboxe è uno spazio nel quale posso decidere come, quando e quanto espormi.
Conscia di attraversare uno spazio mai neutro, a cui prendere parte attivamente, con un occhio rivolto agli aspetti politici che la permeano, ma non solo.
È un posto nel quale ritrovare serenità e sfogo dopo una giornata andata storta ed è lo stesso nel quale arrabbiarsi e confrontarsi per, e con, i limiti che ancora abbiamo.

Nell’animo il desiderio di un mondo diverso e, ben salda nella mente la certezza che il cambiamento inizia anche da noi, dagli spazi e gli ambienti che scegliamo di attraversare ogni giorno. E dal lavoro lento, ma tenace e costante, per far si che possano dirsi realmente liberati.

In questo caso con un paio di guantoni tra le manie un pizzico di grinta!
Con uno sguardo all’immediato ed uno all’infinito… Avanti Antifaboxe!
A.
 
 Sono arrivata davanti alla palestra la prima volta per errore. Dopo un solo giorno che ero a Torino mi sono persa per le vie del centro e sono arrivata davanti a questo grande palazzo tutto rosso: la prima reazione è stata subito un gran senso di curiosità. Dopo neanche due settimane ero timidamente in un angolo della palestra, con una corda in mano, cercando di saltarla resistendo per almeno venti secondi consecutivi. Oggi, dopo più di due anni, entro in quella stessa stanza sentendomi a casa, riconoscendo quell’umido odore che sa di fatica mista a impegno e voglia di crescere, giorno dopo giorno. Quando entrai all’Antifaboxe pensavo che avrei dovuto subito farmi un mazzo tanto per cercare di adeguarmi al livello dei compagni che facevano il mio stesso corso, invece mi sono accorta che a volte erano loro a rallentare il passo per continuare a stare insieme a me. Ancora ricordo il momento in cui durante uno dei miei primi allenamenti, dopo venti minuti di corsa in un gelido novembre, sentii il mio passo farsi lento e i respiri sempre più pesanti, finchè il “maestro” del mio corso mi prese a braccetto, dandomi un piccolo aiuto per portare a termine quella corsa insieme agli altri: fu una soddisfazione che mi spinge ad andare avanti ancora oggi. All’Antifaboxe non esistono maestri, non esistono allievi, non esistono i migliori né i peggiori: esiste solo un gruppo di ragazzi che vogliono imparare, combattere e condividere una passione in modo alternativo. Qui esiste la sfida ma non l’agonismo, esiste la sconfitta ma non l’umiliazione, esiste l’insegnamento ma non gli ordini. Se potessi tornare indietro rifarei la stessa scelta mille volte, perché in questa palestra ho imparato non solo il pugilato ma la solidarietà, la tenacia e la voglia di lottare tenendo alta la bandiera dell’antifascismo.

A.

15 ANNI DI ANTIFA BOXE
20 ANNI DI ASKATASUNA

Venerdi 21 ottobre festeggeremo i 15 anni di attività della palestra popolare autogestita Antifa Boxe, attiva dall'ottobre 2001 all'interno del centro sociale Askatasuna che a sua volta compie 20 anni dalla sua occupazione. Iniziano così settimane di iniziative dedicate a celebrare questa data per noi molto importante. Trovate il programma completo qui: https://www.facebook.com/events/1605796096382908/

Per quanto riguarda il 21 ottobre, inizieremo alle ore 18 con la presentazione del libro "Il pugilato per tutti e tutte" edito da Red Star Press (http://www.redstarpress.it/index.php/hellnation-libri/product/view/7/61) in presenza dell'autore Giuni Ligabue.
Seguiranno un dibattito e delle letture su questi 15 anni di sport popolare dell'Antifa Boxe.
Alle 20 siete tutti invitati alla tradizionale cena di compleanno, menù completo a 10€.
Alle 23 il live dei Poor Man Style.

Vi aspettiamo numeros*.
Per info e prenotazioni: antifaboxe@yahoo.it

Sempre su lo sguardo!
Aska Siempre

domenica 12 ottobre 2014

25 OTTOBRE 2014
13° COMPLEANNO DELLA PALESTRA POPOLARE ANTIFA BOXE
La palestra popolare è lieta di invitarvi a festeggiare il 13° anno di attività, sport e autogestione. Il 25 ottobre presso il CSOA Askatasuna in corso Regina Margherita 47 a Torino, vi aspettiamo dalle ore 21 per una cena di compleanno con menù elaborato dallo chef della palestra e dal suo staff. Antipasto, primo, secondo, contorno, dolce e primo giro di vino a 10€.
Si consiglia di prenotare alla mail "antifaboxe@yahoo.it"
Evento FB: https://www.facebook.com/events/891774114173691/
sempre su lo sguardo
Antifa Boxe Torino



sabato 24 maggio 2014


La Palestra Antifa Boxe presenta
LA GRANDE BOXE
Riunione delle palestre popolari antifasciste

Anche quest'anno la Palestra Popolare Autogestita Antifa Boxe organizzerà una giornata di sport autogestito e autorganizzato per incontrarsi e confrontarsi con altre palestre popolari e per condividere una serata di boxe all'insegna dei valori che guidano ogni giorno la nostra pratica: il rispetto dell'avversario, il rifiuto degli atteggiamenti machisti, la condivisione piuttosto che la competizione.

In un periodo di profonda crisi economica e sociale osserviamo con piacere che la realtà delle palestre popolari è in crescita costante, sia quantitativamente che qualitativamente, è dunque nell'ottica di valorizzare questi aspetti che, ancora una volta, estendiamo questo invito a prendere parte all'iniziativa del 14 giugno. Si tratterà di una giornata completamente autogestita, all'interno del centro sociale Askatasuna, per permettere una discussione con le altre palestre e per mostrare come sia possibile raggiungere un buon livello tecnico anche al di fuori dell'ambito strettamente agonistico e professionale. 


La giornata sarà costruita da un momento assembleare, da una cena per gli atleti e i loro accompagnatori e infine da una serata di incontri il cui obiettivo deve essere quello di mostrare capacità tecniche e non quello di “distruggere” l'avversario sul ring. Vogliamo dedicare questa serata alle vittime della violenza fascista che, come ci ricordano le morti di Pavlos Fyssas in Grecia e di Clément Méric in Francia, è oggi una realtà con la quale i movimenti antifascisti e anticapitalisti si trovano a fare dolorosamente i conti. 


In questo senso l'assemblea potrebbe essere un momento di confronto per pensare il ruolo delle palestre popolari in una simile congiuntura, come strumento di presenza nei quartieri, di risposta a bisogni sociali e di esempio concreto di autorganizzazione. Abbiamo infatti sempre ritenuto - e continuiamo a farlo - che i modi e le forme di organizzare e gestire una palestra e di praticare uno sport non siano politicamente indifferenti, ma possano al contrario essere mezzi potenti per avvicinare le persone a pratiche e discorsi politici di più ampia portata. È per questo che, come palestra, ci siamo impegnati nelle lotte contro il Tav, nelle iniziative antifasciste, nelle pratiche di riappropriazione della casa e dello spazio urbano. A fronte della crescita della realtà delle palestre popolari pensiamo dunque che sia anche su questi temi che dobbiamo confrontarci, per rendere le nostre pratiche e i nostri discorsi sempre più incisivi e capaci di creare un circolo virtuoso tra pratica sportiva autogestita, affermazione dei propri bisogni e pratica dell'autonomia nell'organizzarsi per soddisfarli. 


Come sempre, infine, la serata sarà anche un'occasione per far conoscere alla città la realtà delle palestre popolari e per ribadire messaggi e contenuti che ci stanno a cuore, innanzitutto nell'ambito sportivo, ma anche, più in generale, per quello che ha a che fare con le lotte e le dinamiche politiche a cui riteniamo la palestra possa avvicinare, facendone proprie le parole d'ordine e gli obiettivi.

Naturalmente nell'affermare ciò non dimentichiamo l'aspetto sportivo, centrale nella nostra quotidianità di palestra. Da questo punto di vista riteniamo quindi di dover organizzare una serie di incontri (esordienti e atleti con qualche esperienza) nei quali deve essere preponderante l'aspetto tecnico, con un'attenzione ad una buona boxe e alla sicurezza degli atleti. 


Chiediamo quindi a tutti le palestre di comunicarci la loro eventuale partecipazione, sottolineando numero, peso, sesso e livello di esperienza delle atlete e degli atleti che vogliono salire sul ring. Inoltre chiediamo che gli aspetti relativi alla sicurezza e all'incolumità siano curati con scrupolo: ogni atleta dovrà indossare caschetto, paradenti e tutte le protezioni del caso. Inoltre, la nostra palestra ha scelto di sottoporre le atlete e gli atleti che saliranno sul ring ad una visita sportiva agonostica: riteniamo sia una precauzione importante e raccomandabile. Chiediamo infine agli allenatori e ai maestri che la preparazione in vista degli incontri sia finalizzata a valorizzare le qualità tecniche piuttosto che quelle strettamente agonistiche. 

Palestra popolare autogestita Antifa Boxe Torino
Per adesioni e ulteriori informazioni
antifaboxe@yahoo.it
Fb: Antifaboxe Torino

sabato 5 dicembre 2009

I ragazzi della palastra popolare Antifa Boxe raccontano la loro esperienza

LO SPORT NON SI SGOMBERA
NOI SIAMO CON ASKATASUNA
Non possiamo accettare passivamente quello che è stato detto da politici e cariche istituzionali riguardo allo sgombero dei centri sociali e delle case occupate di Torino.
La decisione di allenarci in strada non vuol far altro che promuovere una delle attività che si svolgono all'interno dell'Askatasuna.
Questa palestra è nata nel 2001 e gli sport che pratichiamo al suo interno sono il pugilato e la capoeira. Sport, appunto, non corsi per preparare picchiatori come qualcuno ci accusa di fare. La boxe è una disciplina basata su regole e sacrifici, non c'è spazio per picchiare.
In questi otto anni di attività abbiamo potuto constatare il sempre crescente successo dell'Antifaboxe. Il primo anno era presente un solo corso, oggi siamo arrivati a tenere cinque corsi di pugilato e uno di capoeira, con una media di venti atleti per gruppo. Le persone che compongono questa realtà sono molto diverse tra loro: ragazzi dai 14 anni in su, (chiaramente con il consenso dei genitori che in alcuni casi partecipano anch'essi agli allenamenti), fino ad arrivare a persone di età decisamente più avanzata, come il signor Giovanni, pensionato Fiat. Anche l'estrazione sociale varia, oltre a studenti e lavoratori italiani giunti nella nostra città da ogni parte dello stivale, in palestra c'è una forte presenza di immigrati Romeni, Polacchi, Albanesi, Afgani, Sudamericani. La presenza femminile è molto forte, nonostante alcuni pensino che la boxe sia un sport da uomini, cosa non vera, dimostrata dal fatto che uno degli atleti che, nato all'Antifaboxe, è passato all'agonismo è proprio una ragazza che sta ora vincendo i suoi primi incontri dilettantistici. Inoltre si allena regolarmente con noi con ottimi risultati di integrazione e progressi sul piano della coordinazione psicomotoria anche un ragazzo non vedente. Gente semplice, che non frequenta necessariamente l'Askatasuna ma che ne riconosce l'importanza sociale e aggregativa fondata su valori come la solidarietà e l'uguaglianza.
CHI VUOLE SGOMBERARE QUESTE REALTA' ATTACCA DI FATTO QUESTI VALORI.
DIFENDIAMOLI!
SEMPRE SU LO SGUARDO            -            NO ALLO SGOMBERO
ANTIFA BOXE
 


L’ANTIFA BOXE VISTA DA VICINO
Mi chiamo Alex. Sono un ragazzo nonvedente dalla nascita, e da qualche mese vengo ad allenarmi all'Aska. Prima di avvicinarmi all'Antifa Boxe non praticavo sport. Premetto che a Torino ci sono delle associazioni che si occupano di organizzare attività sportive per nonvedenti, ma trovavo limitante l’idea di praticare uno sport appositamente strutturato sulla disabilità. Del resto in altre palestre avvertivo un certo pregiudizio rispetto ai limiti imposti dalla mia condizione fisica, anche se in realtà non ci sono molte difficoltà nel fare le cose.
Ho conosciuto la palestra circa un anno fa attraverso un mio amico che ci si allenava già da un po' di anni.
Un giorno per curiosità gli ho chiesto se potevo andare, una volta, a vedere come ci si allena. Detto e fatto, sono venuto a "vedere" e ho chiesto se comunque, a parte tutto, potessi fare un allenamento uguale agli altri, tranne quando si fa guanti, sostituendolo con un corpo a corpo molto leggero o facendo i pao. Ho iniziato ad allenarmi e nel giro di pochi mesi ho migliorato i miei problemi di coordinazione e mi sento migliorato dal punto di vista fisico. Anche dentro mi sento più rilassato ogni volta che esco dalla palestra.
E' un posto dove si accetta chiunque abbia voglia di allenarsi e devo dire che mi ci trovo davvero bene, sia a livello di relazione con gli altri ragazzi, sia come allenamento. Per dirla meglio, mi sento un po' normale, non il povero disabile...                              
Alex

QUELLO CHE NON C’E’
Cominciamo da quello che non c’è.
Da quello che non troverete mai alla palestra popolare antifaboxe di corso regina 47 a Torino.

Non c’è una porta a vetri, un’atrio luminoso, un ascensore per raggiungere il secondo piano, non c’è una segretaria all’ingresso cui mostrare la tessera della palestra. Perché non c’è una tessera.
Non ci sono cognomi. Perché ci si conosce tutti per nome o per soprannome.
Non ci sono addetti alle pulizie che più o meno nascosti nettano e sistemano la palestra. Ma tutto è pulito.
Non c’è un proprietario o un gestore che si aggira tra gli atleti dispensando consigli e ricordando di mettersi in regola al più presto con le quote mensili.Perché non c’è un padrone.
Perché la palestra siamo noi.

Non ci sono padroni, dicevamo, nessuno ci guadagna. I dieci euro al mese di iscrizione sono una cifra simbolica che serve per le spese dei materiali, poi c’è la vendita di magliette, felpe e cappellini della palestra, le cene di autofinanziamento per mantenere in piedi questo progetto che ha compiuto ormai 8 anni.
Passiamo ora a quello che c’è e troverete sempre nella palestra popolare antifaboxe.

Innanzitutto la palestra: lavoratori, studenti, universitari, migranti, stranieri, ragazze e ragazzi di tutte le età che si trovano uniti dalla voglia di esprimersi attraverso lo sport e di portare avanti idee di socialità, aggregazione e integrazione diverse da quelle proposte dal sistema capitalista.
Diverse e possibili, come dimostra il successo della palestra. Successo non solo di numeri – le iscrizioni continuano ad aumentare di anno in anno dal 2001 – ma che si può riscontrare nella grande partecipazione alle iniziative, come l’annuale raduno delle palestre popolari d’italia che si tiene in maggio.

Antifaboxe Torino è una palestra di quartiere, che con il quartiere di Vanchiglia intreccia rapporti sempre più stretti. È un luogo formato da persone che credono in un’idea diversa di socialità, in uno sport pulito fatto di fatica e sudore ma anche di risate e di momenti di impegno collettivo.
La palestra è una palestra di quartiere, è aperta al quartiere come punto di integrazione e di aggregazione per chiunque ami il pugilato e voglia portare avanti questo progetto.
LO SPORT NON SI SGOMBERA
LE IDEE NON SI SGOMBERANO
Davide

I VALORI DELLO SPORT
Ho sempre pensato che lo sport fosse un valore e non potesse esistere una vita sana ed equilibrata senza una pratica sportiva; ma la volontà si allontana quando hai a che fare con la pigrizia...Vado a nuotare? Ma l'abbonamento costa troppo per le mie tasche. Vado a correre? Che barba da sola, poi non ho mai amato farlo...
Capito per caso all'Askatasuna, mi dicono che c'è una palestra di nome Antifaboxe, dove chiaramente antifa stava per antifascista. Ho pensato che poteva essere una buona occasione per conoscere qualcuno che quantomeno avesse le mie stesse idee e che in più fosse fuori dal solito giro di amicizie con cui solitamente uscivo. Ho pensato anche che frequentare gente nuova mi poteva portare a imparare cose nuove, in più praticando assieme uno sport. Devo ammettere che non mi sono mai avvicinata all'Antifaboxe perchè volessi fare pugilato, quello ho cominciato ad amarlo con il tempo, ma piuttosto perchè ne avevo intuito un'interessante esperienza non solo sportiva. La prima lezione nel febbraio 2007, ad oggi sono più di due anni che vivo questa palestra, due anni intensissimi di iniziative, momenti meravigliosi e momenti difficili, vissuti assieme e affrontati con allegria, cuore e coraggio. Qui dentro si va oltre il rispetto per le diversità, qui l'integrazione e l'aggregazione sono valori naturali.
M

BASTEREBBERO I TERMOSIFONI
A me lo sport fa schifo. Sarebbe sbagliato dire che non mi piace. A me lo sport fa proprio schifo.
L’attività fisica non mi interessa né da un punto di vista sportivo né da un punto di vista estetico.
Piuttosto che correre scelgo la morte, agli addominali preferisco altre forme di autolesionismo,le flessioni non ho mai imparato a farle e non ne sento in nessun modo la mancanza.
Non mi ci vedo in una palestra a rassodare le braccia pendule con un nazista che mi urla addosso, né in una piscina piena di tardone in costume intero e cuffietta a tirare su il culo: quando la forza di gravità deciderà di posarsi sulle mie membra non troverà in me tanta presunzione da pensare di poter combattere le leggi della fisica,quindi mi consegnerò a lei senza alcuna resistenza, confidando nel fascino segreto della decadenza.
Mi chiedono di parlare della mia esperienza con la palestra popolare, ma credo che non si coglierebbe l’eccezionalità della mia frequentazione se non giustificassi le premesse.
Il mio rapporto di ostilità verso l’attività sportiva risiede in vecchi traumi, infantili e non, che per ragioni di stile e di sinteticità riassumerò in un elenco numerato.
Trauma numero uno. A sei anni il (non) mio sogno di diventare una ginnasta si infranse contro una tonica e platinatissima insegnante che, a fronte della mia incommensurabile incapacità, decise di soprannominarmi la bambina di pastafrolla e di consigliare a mia madre di provare con qualsiasi altro sport da lei non insegnato. A fronte della bruciante umiliazione, in famiglia cominciò ad affiorare il sospetto di un’inabilità fisica, sospetto rafforzato dalla mia strana capacità di ammalarmi ogni due lezioni. Ad oggi credo non fosse altro che una reazione autoconservativa
Anni di oblio, poi il trauma numero due: le scuole medie, il professore di italiano hippie, la ginnastica in classe tutti i giorni con le finestre spalancate anche a gennaio, gli esercizi in piedi e sdraiati, i piegamenti, gli stiramenti, i tormenti. La promessa a me stessa che non avrei mai più mosso un muscolo in vita mia. Purtroppo non è stato così.
Trauma numero tre: il liceo. Anzi mi correggo, al liceo doppio trauma, quindi trauma numero tre e numero quattro.Il numero tre si chiama peteca, sconosciuto e assurdo sport brasiliano che consiste nel lanciarsi una palla di gomma e amianto dotata di diverse piume di animale tropicale, sport utilissimo a spaccarsi le mani e sfregiarsi in una molteplicità di modi e situazioni. Nelle scuole normali si giocava a pallavolo, nelle più alternative a basket. Nella mia scuola si giocava a peteca.
Il trauma numero quattro si chiama corso di Thai boxe con maestro invasato e assolutamente convinto che “nella vita non servono la storia e la geografia, non vi serve a niente sapere qual è la capitale dell’Unione Sovietica, basta saper tirare due bei pugni”. Mi correggo: maestro invasato ed evidentemente nostalgico, in grado di ispirare tanta tenerezza che nessuno osò far notare che da più di un decennio le cose ad Est erano lievemente mutate. La classe ricominciò a malmenarsi senza alcuna protezione, dimenticando la triste fine dell’Urss.
L’ultimo trauma, trauma numero cinque, arriva con l’età della coscienza e il nuoto libero. Dire che arrivò il nuoto è una chiara macchinazione scenica, perché il nuoto di cui parlo consiste nella camminata in acqua (in acqua, non sull’acqua, è facile confondersi) e nell’incapacità totale di capire quale perversione abiti la mente di chi passa un’ora a sbracciarsi in vasche piene di cloro e pipì.Tre volte.Quattro al massimo. Fine del nuoto.

Questo in sintesi il mio rapporto con lo sport.Il mio non rapporto con lo sport.
Come si arriva quindi alla palestra popolare?
Purtroppo non trovo spiegazioni.So solo che da un anno faccio capoeira all’Antifa e che continuo ad andarci. Faccio più presenza che altro, ma ci vado. La capoeira mi stanca, talvolta mi annoia, non si capisce perché ma mi trovo sempre più indietro rispetto agli ultimi arrivati. La mia inabilità innata di fare sport è rimasta, però stranamente continuo ad andarci…sarà per simpatia rispetto al gruppo, sarà per le amicizie, sarà per amore, sarà per l’ambiente, sarà quel che sarà, ci vado e basta. Il maestro non è platinatissimo e non mi dice che sono fatta di pastafrolla anche se faccio pena, lo sport è brasiliano come quello con le piume di uccello ma per farlo non ci si deve sfregiare, nessuno mi insegna a malmenare la gente, e non sguazzo nel cloro e nella pipì. Fino all’anno scorso eravamo pochissimi, quest’anno non riusciamo quasi a muoverci per quanti siamo.In un istante di pura follia ho addirittura cominciato a seguire il corso di boxe e, pensa l’assurdo, mi piaceva anche, ho smesso solo perché mi serve tempo per scrivere la tesi. L’esperienza con la palestra popolare è senza dubbio quella meno traumatica tra le mie esperienze sportive. Dico meno traumatica perché in effetti un problema c’è, ed è il freddo. Si, il freddo, proprio come alle scuole medie quando aprivamo le finestre a gennaio. Forse minacciano di sgomberare la palestra perché temono per la nostra salute.Ma per questo non serve uno sgombero, bastano dei termosifoni.
M.

ELEMENTI ANOMALI
Ho letto sui giornali che siamo brutti e cattivi. Sono un paio di anni che frequento l’Antifa Boxe e non me ne ero accorto. Eppure in palestra gli specchi per fare “vuoto” li abbiamo. Ma forse non li usiamo per controlarci l’addominale scolpito. Dicono che siamo anche cattivi, oltre che brutti. Eppure in palestra abbiamo imparato che prima di combattere si saluta l’avversario e dopo lo si ringrazia per quello che ci ha insegnato. E che la boxe non è fatta di violenza ma di tecnica ed eleganza. Allora forse siamo brutti ed eleganti.
Parlando con un ragazzo che è arrivato fin qui a piedi dall’Afganistan, che non vede i suoi affetti da dieci anni, che ha trovato nella palestra popolare uno spazio di libertà ed integrazione, guardo meglio ciò che nello specchio viene riflesso. Mi accorgo che così brutti, poi, non siamo. Anche se non lavoriamo sull’apparire. Magari preferiamo l’essere. L’esserci.
Se poi “brutto” nasconde altro, e in realtà vuol dire profugo, vuol dire migrante, o si riferisce al colore della pelle, ai vestiti non firmati, se “cattivo” è chi sceglie di non lucrare sullo sport, di praticarlo solo e soltanto con e per passione, in uno spazio liberato che qualcuno vorrebbe restituire al nulla, allora forse si.
Siamo brutti e cattivi.
Vince


UN PENSIERO PER ANTIFABOXE
Antifaboxe è uno straordinario laboratorio sociale, un luogo della creatività; un'esperienza di partecipazione e apprendimento
collettivo dove si coltivano reciproco rispetto e solidarietà, dove si incontrano persone speciali per conoscenza e umiltà.
Massimo


LIBERI DI FARE SPORT
Che dire della palestra popolare?
Ne sono venuta a conoscenza grazie ad un amico. Stavamo parlando della capoeira e lui m'ha detto che all' Aska c'era un gruppo di ragazzi che la faceva e che se volevo potevo provare. Il fatto che il gruppo si trovasse per allenarsi spontaneamente mi ha da subito stimolato: ho trovato libertà di iniziativa rispetto all'impegno di frequentare il corso e,in seguito, anche rispetto alle proposte che riguardavano l'utilizzo degli spazi.
Oggi il gruppo di capoeira è vario: ci sono persone nuove quasi ogni settimana. L'attività in realtà non è rimasto l'unico motivo di aggregazione: in genere v'è scambio di opinioni , idee e  pensieri.
Forse  è proprio perchè la capoeira fu storicamente una lotta di liberazione dalla schiavitù che ancora oggi ci sentiamo liberi nel farlo.
ps: con dieci euro al mese, adotta un capoeirista anche tu!!
C.

LA PALESTRA NEL QUARTIERE
Ho scoperto la boxe per caso, a 37 anni,  quando cioè i pugili in genere smettono.
Ero in un teatro e in attesa dello spettacolo trovo una di quelle riviste periodiche sulla città di Torino. All’interno c’era un’intervista ad Antonello, uno degli insegnanti dell’Antifa Boxe.

Scopro cosi che sono 8 anni che questa palestra fa attività sportiva, che ha lanciato anche qualche atleta nell'agonismo e leggo soprattutto che è una palestra aperta a tutti senza nessun fine politico o militante.
L'unica cosa che richiedono è l’essere antifascisti. Richiesta tra l’altro che dovrebbe essere inutile visto che ciò è sancito anche nella nostra Costituzione e dovrebbe essere un valore in cui tutti i cittadini dovrebbero ritrovarsi.

E’ solo a 200 metri da casa mia quindi decido di andare a dare un'occhiata.  Devo ammettere però anche con una certa diffidenza. Fino a quel momento le mie frequentazioni dei centri sociali si limitavano a qualche concerto di quando ero studente universitario e il mio timore era che dietro l’attività sportiva ci fosse intrinseca una attività politica. Certo, ognuno può fare attività come meglio crede ma io in questo momento  ho voglia solo di provare la "nobile arte" che mi ha sempre affascinato.

E all’interno della Antifa trovo tutto ciò che cercavo e che allontana i miei timori.
Trovo insegnanti preparati, pazienti e professionali, una attrezzatura  piccola ma sufficiente per allenarsi,  ma trovo soprattutto gente come me che è lì per amore dello sport.

Scopro che frequentare la scuola di boxe non implica essere militanti  all'interno del centro sociale. Ovviamente si può decidere di partecipare o meno alle attività dell'Askatasuna, ma sempre indipendentemente dalla palestra.
La palestra e i ragazzi del centro sono ovviamente amici e solidali ma ben distinti tra di loro. Ed è quella la loro forza.
Chi decide di fare attività politica non intralcia chi fa attività sociale o chi fa sport.
Le cose si possono intersecare e conciliare, ma il tutto avviene in maniera spontanea, libera, senza forzature.

Ma all’Antifa si fa Boxe! Quella pura. Dura ma leale, forte, tecnica e con regole severe.
Chi crede che all’interno della scuola si addestrino “combattenti” sta sbagliando di grosso.
Basta vedere chi la frequenta: studenti, lavoratori, gente meno giovane, ragazze…. Insomma: il quartiere…  tutto ciò che è veramente molto lontano dalla violenza e dalla esaltazione.
Basta vedere i sorrisi e gli sguardi delle persone che si allenano, capaci di “buttare” non molotov o pietre, ma solo sudori  e lamenti dopo qualche serie decisa di addominali.

Pensare di chiudere l’Askatasuna e di conseguenza chiudere l’Antifa Boxe non vorrebbe solo dire di eliminare una realtà sportiva accessibile a tutti ma vorrebbe dire anche eliminare un momento aggregativo del quartiere, quello vero, quello popolare,  fatto da persone che ritrovano nello sport ma soprattutto nella boxe un modo per incontrarsi e allenarsi.
A.

PENSIERI...
Dopo aver vagato per lungo tempo - come un novello Ulisse - sono finalmente approdato all' Antifaboxe, isola felice nel panorama delle palestre torinesi. Per me è innanzitutto un luogo di aggregazione, dove si pratica uno sport di antichissima e nobile tradizione. Ed è proprio nella pratica sportiva che l'Antifa si distingue profondamente dalle altre palestre. Per volere del suo fondatore, Antonello, all'Antifa non si pratica attività agonistica. Una scelta oculata e vincente, perchè non praticando agonismo, automaticamente ci si smarca dalla logica del business, ed in questo modo si può curare molto bene l'aspetto tecnico e la preparazione atletica. Fatto incredibile, all'Antifa nessun frequentante viene abbandonato a se stesso, gli istruttori (tutti assai preparati) seguono indistintamente tutti, dalle persone più dotate (e ce ne sono parecchie) a quelle meno. Anche per questo motivo ho scelto di frequentare questa palestra. Un ambiente sano, intellettualmente assai elevato e stimolante, una superba preparazione atletica e tecnica fanno dell'Antifaboxe un luogo assai speciale.
Se il centro Askatasuna venisse sgomberato l'Antifa sparirebbe e con essa un patrimonio sociale di immenso valore. Per 10 euro al mese si può praticare, a Torino, sport in un luogo "pulito" dove mandare i propri figli.
Mauro